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Degenerazione Maculare Senile, il futuro della terapia

La degenerazione maculare senile è una delle patologie oculari più comuni e insidiose. Anche la cataratta è una patologia legata a doppio filo al tempo che avanza. Ma mentre quest’ultima si cura in modo tutto sommato agevole ed indolore grazie ad un intervento specifico, non possiamo affermare la stessa cosa per la maculopatia senile. Sicuramente le iniezioni intravitreali offrono buone prospettive in termini di gestione e controllo della patologia. Vediamo cos’altro si profila all’orizzonte, e se chi è affetto da degenerazione maculare senile potrà trovare, in un futuro non troppo lontano, nuove prospettive terapeutiche capaci di migliorare sensibilmente la sua qualità visiva e di vita.

Cos’è la degenerazione maculare senile

La degenerazione maculare senile – o maculopatia senile – causa un progressivo ed irreversibile deterioramento dei fotorecettori presenti sulla porzione centrale della retina. Quest’ultima è chiamata appunto macula, ed è fondamentale:

  • per la percezione dei colori, poiché è fittamente punteggiata di preziosissimi fotorecettori detti coni e bastoncelli;
  • per la visione centrale, a causa della sua posizione sulla retina, retrostante la pupilla e il cristallino

Nella Degenerazione Maculare Senile, i fotorecettori vanno incontro a deterioramento e morte. La conseguenza è una progressiva perdita di visione centrale. Chi è affetto dalla patologia sperimenta difficoltà visive sempre più importanti con riferimento al centro del campo visivo. La patologia si può manifestare in due varianti: una secca o atrofica, particolarmente difficile da trattare, e una umida o essudativa. Quest’ultima si tratta con risultati soddisfacenti attraverso le iniezioni intravitreali.

Cosa sono le iniezioni intravitreali 

Le iniezioni intravitreali sono minuscole iniezioni eseguite da mano esperta all’interno del bulbo oculare. Il farmaco anti-VEGF iniettato ha l’obiettivo di inibire la proliferazione di neovasi a livello sottoretinico e di fermare la progressione della patologia. Sfortunatamente è impossibile recuperare la funzionalità dei fotorecettori deteriorati. Il protocollo di iniezioni intravitreali ha tuttavia la capacità di porre un freno all’avanzamento della patologia, con risultati tangibili e durevoli nel tempo.

A proposito di iniezioni intravitreali, è fondamentale tener presente due aspetti:

  1. per ottenere i risultati auspicati è importante seguire pedissequamente il protocollo indicato dallo specialista, rispettando le cadenze indicate ed evitando di rimandare gli appuntamenti;
  2. si consiglia di rivolgersi ad una struttura sanitaria d’eccellenza nella quale trovare specialisti esperti, dotati di grande competenza e notevole manualità nella somministrazione delle iniezioni.

Degenerazione maculare senile: nuove prospettive terapeutiche all’orizzonte

E’ notizia di questi giorni che la Food And Drug Administration americana (FDA) ha dato il via libera alla messa in commercio negli Stati Uniti d’America di un nuovo dispositivo per il trattamento della Degenerazione Maculare Senile di tipo essudativo. Il trattamento non è ancora disponibile in Italia. Si tratta di un minuscolo impianto collocato all’interno dell’occhio tramite una breve seduta chirurgica eseguibile in ambiente ambulatoriale. L’impianto è pensato per rilasciare localmente il farmaco anti-VEGF e consentire al paziente di ridurre il numero di sedute per le iniezioni intravitreali. E in alcuni casi persino sospenderle.

In questo modo il paziente ottiene un’autonomia di 6 mesi rispetto alla necessità di sottoporsi alle sedute per le iniezioni intravitreali. Che, seppur indolori, possono essere una fonte di stress. Susvimo, questo è il nome del dispositivo, è ricaricabile e ben tollerato. Sarà comunque lo specialista, di caso in caso, ad indicare quale sia la strada migliore da intraprendere per trattare la Degenerazione Maculare Senile con successo.

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Cross linking con iontoforesi, terapia per la cura del cheratocono

Alcuni giorni fa abbiamo avuto occasione di intervistare il dott. Belloni, medico oculista del Centro Ambrosiano Oftalmico, in merito al cheratocono, malattia degenerativa che causa una deformazione eccessiva della cornea. Il dottore ci ha illustrato le possibilità di cura di questa malattia, le cui cause ancora sono da chiarire, anche se sembra vi sia una predisposizione genetica. In questo breve articolo, vogliamo soffermarci su una procedura particolarmente interessante, dal carattere non chirurgico, per il trattamento del cheratocono: il cross-linking corneale, nella sua variante con iontoforesi. Vediamo di cosa si tratta. 

Il cross-linking corneale per la cura del cheratocono

Caratteristiche del cross-linking corneale

Come detto, il cheratocono è una patologia della cornea che ne altera spessore e curvatura. Sfortunatamente, essa non è curabile con i farmaci. Tuttavia, esiste una procedura, chiamata cross-linking, che ha carattere non chirurgico ed è quindi per nulla invasiva: il cross-linking non prevede infatti che vengano praticate sul paziente incisioni, nè che vengano applicati punti di sutura. Si tratta di una procedura totalmente indolore e per nulla fastidiosa.

Per chi è consigliato il cross-linking corneale

Il cross-linking corneale si può praticare solo nelle fasi non troppo avanzate della malattia. Come vedremo più avanti, si tratta di una tecnica che consente alla cornea di irrobustirsi e resistere quanto più possibile alla deformazione messa in atto dal cheratocono. Tuttavia, qualora la malattia sia già ad uno stadio più avanzato, si può rendere necessario ricorrere al trapianto di cornea.

Leggi anche: trapianto di cornea, cheratoplastica lamellare o cheratoplastica perforante? 

In cosa consiste il cross-linking corneale

Il cross-linking corneale è una tecnica che prevede l’applicazione sulla cornea di una sostanza, la riboflavina, una molecola più nota come vitamina B2. La riboflavina applicata sulla cornea viene poi attivata e fatta penetrare nella cornea tramite una luce ultravioletta della famiglia dei raggi UVA. In questo modo, i tessuti della cornea si irrobustiscono, e si rallenta il progredire della malattia. Come già detto, poichè prevede l’applicazione di una molecola sulla cornea senza l’uso di aghi o lame di sorta, il cross-linking non è per niente invasivo, nè tantomeno doloroso.

Vantaggi del cross-linking corneale

Negli stadi evolutivi della patologia, il cross-linking corneale consente di:

  • irrobustire la cornea
  • rallentare, e in alcuni casi anche arrestare l’evoluzione della malattia
  • ritardare il più possibile o evitare un trapianto di cornea
  • migliorare la qualità visiva

Il cross-linking con iontoforesi: ottimi risultati in tempi ancora più veloci

Da pochi anni è stata introdotta una nuova tecnica per facilitare l’assorbimento e la penetrazione della riboflavina nella cornea: questa tecnica, che prende il nome di cross-linking con iontoforesi, prevede che – al posto di un raggio di luce ultravioletta – si usi una fonte di corrente a basso voltaggio per facilitare l’assorbimento della riboflavina da parte della cornea.

Il vantaggio è duplice:

  • si accorciano i tempi della procedura. Mentre il trattamento normale dura circa 40 minuti di cui 30 di irradiazione con raggi UVA, con la iontoforesi, il tutto dura circa 15 minuti, di cui 6 di iontoforesi;
  • si facilita un maggiore assorbimento della riboflavina da parte della cornea, rispetto alla tecnica con raggi ultravioletti

Vuoi saperne di più?

In CAMO abbiamo il vanto di essere stati tra i primi a praticare il cross-linking con iontoforesi. Se soffri di cheratocono e vuoi conoscere più da vicino questa tecnica, chiamaci: saremo lieti di rispondere ad ogni tuo quesito.

 

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